
Ghost Track (dal CD In Ascolto Nomade)
I Litophoni di Luciano Bosi
I suoni della pietra hanno affascinato Luciano già ai primordi della propria ricerca esistenziale, sfociata poi, nel 1979, nell’ideazione del progetto Quale Percussione?, che ad oggi vanta una raccolta di oltre 3.000 strumenti a percussione provenienti da tutte le aree culturali del mondo.
Da musicista, etno-musicologo ed instancabile ricercatore di suoni e timbriche rigorosamente acustici, è stato infatti inevitabile incontrare sul suo percorso i meravigliosi litofoni da sempre utilizzati da diverse culture nel mondo, che esercitano un fascino non indifferente legato all’utilizzo di un elemento naturale così potente ed evocativo come la pietra.
Ha inoltre avuto modo di apprezzare il pregevole lavoro scultoreo di ricerca di Elmar Daucher, vero pioniere nel campo, che licenzia per la prima volta nel 1974 una serie di opere sotto il titolo “Klangsteine”, letteralmente pietre sonore, appunto, peraltro sapientemente utilizzate dal musicista Stephen Mikus per la realizzazione del suo disco “Music from the Stones” (1989, EMC Records). Una decina di anni dopo, e precisamente nel 1987, il pianista e compositore tedesco Klaus Fessmann, con la collaborazione della SVERAM (impresa che si occupa della produzione di strumenti musicali non tradizionali), ammaliato a sua volta dal suono delle pietre di Daucher, decise di dedicare la sua ricerca musicale alla pietra che suona, nella dichiarata intenzione di ispirarsi agli strumenti sonori ancestrali in pietra provenienti dall’Asia. Lavoro di ricerca originale e degno di nota, che ha ulteriormente sollecitato l’interesse di Luciano.
Già fortemente ispirato dagli approfondimenti di Daucher e Fessmann, si offre finalmente a Luciano l’occasione di sperimentare in prima persona le possibilità timbriche della “pietra che suona”, grazie all’opportunità di ideare e realizzare una propria opera sonora con l’utilizzo delle sculture di Pinuccio Sciola.
Sebbene licenziate 20 anni dopo rispetto alle pietre sonore di Daucher, le sculture di Sciola riprendono decisamente forme e proporzioni come ideate dallo scultore tedesco, consentendo a Luciano di esplorare direttamente il suono di quelle pietre sonore che fino a quel momento aveva potuto solo apprezzare da libri ed articoli su riviste specializzate.
Grazie alla sua particolare capacità di “toccare il suono”, più volte riconosciutagli in vari ambiti, anche in questo caso ha deciso di sfruttare le potenzialità della pietra senza alcun utilizzo di ausili elettronici, ossia interamente in acustico. L’esperienza lo entusiasma.
Nasce così il disco “Suoni e Silenzi di Pietra – musiche per un’esposizione” (2008), descritto dal grande Maestro Paolo Fresu come “unico, intenso e sentito. Peculiare nella rigorosa dimensione acustica adottata, sia sul piano formale-compositivo che su quello esecutivo. Notevole è la varietà di soluzioni timbriche proposte da Luciano Bosi. Le molteplici e delicate azioni percussive sono arricchite da crepitii, scorrimenti, pizzicati, raschiamenti e frizioni varie, che si alternano e sovrappongono in una trama garbata e leggera. In particolare, la frizione, tanto cara a Pinuccio, viene qui elaborata e declinata in un’infinità di modi differenti, al punto da rendere quasi impossibile cogliere il gesto sonoro che l’ha prodotta.”.
Negli anni successivi la sua personale ricerca sul suono della pietra è proseguita con nuova consapevolezza e vigore, esplorando nuove forme e diversi tipi di materia, quali marmo ed onice.
In particolare, dal 2015 fonde nel suo lavoro sulle pietre sonore le competenze antropologiche ed etnomusicologiche acquisite in tutti gli anni di studio e ricerca con le più recenti esplorazioni sulle sculture sonore di pietra. Una ricerca del suono, dunque, quale ancestrale porta di accesso ed espressione di credenze antiche, nella sua valenza di suono della pietra, così come inteso all’interno delle culture più arcaiche.
L’incontro “sonoro” con l’amico sodale Patrizio Ligabue, e l’intesa che ne è conseguita, ha favorito la condivisione della mia ricerca, che dal 2015 lo vede al mio fianco nella produzione e diffusione delle opere più recenti.
“La sacralità dei riti ancestrali che ho approfondito richiede l’utilizzo di sonorità timbriche molto particolari, lontane dal concetto di musica, come quelle della pietra che suona, che grazie al loro insito potere evocativo consentono ancora oggi di trasportare l’ascoltatore in un altrove che pulsa nelle nostre viscere, e risuona richiamato in vita nella nostra memoria più antica.
Ritengo che proprio questo possa essere il mio particolare contributo alla estesa e variegata ricerca sul suono della pietra, che è certamente favorita dalla personale ed unica “banca dati etnografica acustico-percussiva ed analogica” a cui posso attingere, che è frutto della ricerca di una vita. È una ricerca che ho interiorizzato e che mi ha attraversato nel profondo, e che oggi caratterizza la mia personale modalità di esplorare il suono.”
Suoni e Silenzi di Pietra
